dopo la birra, è la volta del terzo tempo
Inviato: 22 set 2007, 17:29
dal sito della gazzetta:
PARIGI (Francia), 22 settembre 2007 - Dopo un Francia-Inghilterra, a Parigi. A ogni giocatore inglese viene regalata una boccetta di dopobarba. Alcuni di loro vanno in bagno, svuotano la boccetta e la riempiono di acqua, tornano nel salone e sfidano il compagno Colin Smart. Pilone, ovviamente. Vince chi la finisce prima. Pronti? Via! Smart tracanna, vince, si ubriaca e finisce in ospedale. È una storia del terzo tempo, il mitico terzo tempo, quel rito ovale e pagano, tutto rugbistico, che si celebra in un salone, in un bar, in un club, in una birreria, in una stanza dello stadio: l’importante — qui sì — è partecipare, le due squadre e i direttori di gara. Insieme. E come vuole la tradizione: parlando, mangiando, bevendo, ridendo, cantando, spogliandosi, scherzandoci su.
RITO RIMOSSO - Alla coppa del Mondo 2007 il terzo tempo non c'è, non è previsto. "Il Comitato organizzatore ha rinunciato — spiega Carlo Checchinato, general manager dell'Italia — per problemi logistici. Nella prima fase, quella dei gironi a cinque, spesso le squadre hanno fissato le loro sedi lontano dagli stadi e hanno fretta di tornare negli alberghi per far riposare i giocatori. E forse non in tutti gli stadi è stato possibile trovare uno spazio dove ospitare 120-130 persone delle due squadre".
RIVINCITA - Comunque, mai successa prima una simile onta. "Nella Coppa del Mondo 1987 — ricorda Marco Bollesan, oggi p.r. della Nazionale, allora c.t. — il terzo tempo ci servì a compensare in birra quello che avevamo preso sul campo contro gli All Blacks: 70 punti". "E fino alla terza edizione, quella del 1995 — aggiunge Checchinato — prima che la coppa del Mondo cominciasse, si allestiva un gigantesco banchetto con tutti i giocatori. Un’occasione fantastica per conoscersi". "Senza il terzo tempo — taglia corto Bollesan — non avrei mai giocato né il primo né il secondo". "Al Sei Nazioni il terzo tempo c’è — dice Paul Griffen, mediano di mischia dell’Italia —. Basterebbe poco per rispettare anche qui la tradizione".
BANCHETTI - La tradizione non è stata rispettata neanche prima della partita: gli inni non sono suonati da bande militari, ma trasmessi su dischi. Si dice, per risparmiare. Non tutte le delegazioni sono state avvertite del terzo tempo soppresso. "Dopo la prima partita a Murrayfield con gli scozzesi, non aspettavamo altro che di bere una birra insieme con loro — racconta José Pinto, mediano di mischia del Portogallo —. C’era un tavolo con panini e bibite. Ma gli scozzesi non si sono neanche fatti vivi. Ci siamo rimasti malissimo". "È per questo che a Lione — dice Rui Cordeiro, pilone portoghese —, quando gli All Blacks hanno spalancato la porta del nostro spogliatoio, ciascuno con una birra per sé e una per il diretto avversario, ci siamo entusiasmati e commossi. Abbiamo respirato quella sana, vecchia, alcolica aria della tradizione".
PURE IN SIBERIA - Quella del terzo tempo vissuto da Massimo Giovanelli, storico capitano dell’Italia, "in Siberia, dopo una vittoria: per combattere un freddo allucinante abbiamo pasteggiato a vodka". O quella del terzo tempo all’esordio internazionale di Gareth Edwards, gallese, il più celebre mediano di mischia: dopo aver imboscato il pallone del match, portò a casa anche 14 piatti del banchetto ufficiale. Pare che il terzo tempo venga ripristinato dall’ultimo match della prima fase in poi. Così l’Italia ci potrà bere su, con la Scozia, a Edimburgo. Comunque vada.
dal nostro inviatoMarco Pastonesi
ma vi sembra possibile? io non ho parole............
PARIGI (Francia), 22 settembre 2007 - Dopo un Francia-Inghilterra, a Parigi. A ogni giocatore inglese viene regalata una boccetta di dopobarba. Alcuni di loro vanno in bagno, svuotano la boccetta e la riempiono di acqua, tornano nel salone e sfidano il compagno Colin Smart. Pilone, ovviamente. Vince chi la finisce prima. Pronti? Via! Smart tracanna, vince, si ubriaca e finisce in ospedale. È una storia del terzo tempo, il mitico terzo tempo, quel rito ovale e pagano, tutto rugbistico, che si celebra in un salone, in un bar, in un club, in una birreria, in una stanza dello stadio: l’importante — qui sì — è partecipare, le due squadre e i direttori di gara. Insieme. E come vuole la tradizione: parlando, mangiando, bevendo, ridendo, cantando, spogliandosi, scherzandoci su.
RITO RIMOSSO - Alla coppa del Mondo 2007 il terzo tempo non c'è, non è previsto. "Il Comitato organizzatore ha rinunciato — spiega Carlo Checchinato, general manager dell'Italia — per problemi logistici. Nella prima fase, quella dei gironi a cinque, spesso le squadre hanno fissato le loro sedi lontano dagli stadi e hanno fretta di tornare negli alberghi per far riposare i giocatori. E forse non in tutti gli stadi è stato possibile trovare uno spazio dove ospitare 120-130 persone delle due squadre".
RIVINCITA - Comunque, mai successa prima una simile onta. "Nella Coppa del Mondo 1987 — ricorda Marco Bollesan, oggi p.r. della Nazionale, allora c.t. — il terzo tempo ci servì a compensare in birra quello che avevamo preso sul campo contro gli All Blacks: 70 punti". "E fino alla terza edizione, quella del 1995 — aggiunge Checchinato — prima che la coppa del Mondo cominciasse, si allestiva un gigantesco banchetto con tutti i giocatori. Un’occasione fantastica per conoscersi". "Senza il terzo tempo — taglia corto Bollesan — non avrei mai giocato né il primo né il secondo". "Al Sei Nazioni il terzo tempo c’è — dice Paul Griffen, mediano di mischia dell’Italia —. Basterebbe poco per rispettare anche qui la tradizione".
BANCHETTI - La tradizione non è stata rispettata neanche prima della partita: gli inni non sono suonati da bande militari, ma trasmessi su dischi. Si dice, per risparmiare. Non tutte le delegazioni sono state avvertite del terzo tempo soppresso. "Dopo la prima partita a Murrayfield con gli scozzesi, non aspettavamo altro che di bere una birra insieme con loro — racconta José Pinto, mediano di mischia del Portogallo —. C’era un tavolo con panini e bibite. Ma gli scozzesi non si sono neanche fatti vivi. Ci siamo rimasti malissimo". "È per questo che a Lione — dice Rui Cordeiro, pilone portoghese —, quando gli All Blacks hanno spalancato la porta del nostro spogliatoio, ciascuno con una birra per sé e una per il diretto avversario, ci siamo entusiasmati e commossi. Abbiamo respirato quella sana, vecchia, alcolica aria della tradizione".
PURE IN SIBERIA - Quella del terzo tempo vissuto da Massimo Giovanelli, storico capitano dell’Italia, "in Siberia, dopo una vittoria: per combattere un freddo allucinante abbiamo pasteggiato a vodka". O quella del terzo tempo all’esordio internazionale di Gareth Edwards, gallese, il più celebre mediano di mischia: dopo aver imboscato il pallone del match, portò a casa anche 14 piatti del banchetto ufficiale. Pare che il terzo tempo venga ripristinato dall’ultimo match della prima fase in poi. Così l’Italia ci potrà bere su, con la Scozia, a Edimburgo. Comunque vada.
dal nostro inviatoMarco Pastonesi
ma vi sembra possibile? io non ho parole............