Re: La posizione impossibile di Franco Smith
Inviato: 26 feb 2020, 12:41
Guardate cosa scrivono quelli di "Fratelli di rugby".
A qualcuno in questo bar saranno fischiate le orecchie...
GRAZIE SIXNATIONS
(ovvero i paradossi di un rugby italiano fortunatamente sotto pressione)
Pensate che noia se in questo sei nazioni "b" avessimo battuto la Georgia di 20 punti, la Spagna di 30, la Russia di 50 e il Portogallo 45.
Gavazzi avrebbe già scritto al board di Word Rugby chiedendo di poter fare almeno un test autunnale con una Tier1, oltre a quelli già programmati con Canada, Stati Uniti e Tonga.
Alle prossime elezioni verrebbe eletto a mani basse essendo la FIR la prima nel Ranking di World Rugby tra Federazioni cosiddette di Tier2.
Invece no!
La competizione e lo stress al quale il nostro rugby è sottoposto dovendo giocare ogni anno un torneo per il quale abbiamo sì i requisiti minimi ( battiamo cioè, con una certa regolarità le altre nazioni europee e siamo la sesta nazionale europea, anche se non riusciamo ad accorciare le distanze con i primi) obbliga tutti a interrogarsi sulle ragioni della nostra incapacità di crescita.
Tralasciando le stupidaggini che si leggono regolarmente su molti blog relativamente a miracolose ricette che in quattro e quattr'otto ci potrebbero portare al livello "almeno" della Scozia, rimane il problema di fondo della difficoltà dell'allargamento della base e della diffusione del rugby tra i giovanissimi.
L'alto livello non è che lo specchio del movimento rugbistico italiano.
Quasi tutte le società organizzano gli open day di minirugby in settembre e riescono a presidiare molti istituti scolastici. Ma i risultati sono ancora molto modesti rispetto al numero e alla qualità atletica dei ragazzi reclutati. Modesti per avere i numeri e la profondità di Galles e Irlanda, più che sufficienti per battere Georgia, Romania e Russia.
Forse sarebbe questo il tema sul quale discutere, consci che per un maggior presidio del territorio servono nuove società e maggior lavoro da parte di quelle esistenti. Se si facesse un confronto tra l'età media dei dirigenti di società di oggi e quella di venti anni fa si scoprirebbe , drammaticamente, che è di molto più elevata.
Certo dalla Nazionale va tirato fuori il meglio, ma sabato all'Olimpico hanno giocato i nostri ragazzi, quelli che abbiamo reclutato attraverso i nostri "open Day" e che hanno giocato nelle nostre U16 e U18 e nei nostri centri di formazione. Sì perchè i centri di formazione sono nostri e tali li dobbiamo considerare, non sono solo della FIR. Non credo che Dolcetto, Brunello, Moretti e Roselli li abbiano rovinati quando li hanno allenati nelle nazionali Giovanili.
I "nuovi profeti" dei blog, dovrebbero fare una capatina sui campi, il pomeriggio tra gli istruttori del minirugby e scoprirebbero, in primo luogo che esistono, che i loro problemi sono molto materiali e contingenti e che una mano per la trasferta al raggruppamento della domenica successiva non gli dispiacerebbe. Ma invece di caricarsi quattro bambini in macchina è molto meglio fare i "leoni da tastiera" indicando agli altri quello che devono fare.
A qualcuno in questo bar saranno fischiate le orecchie...
GRAZIE SIXNATIONS
(ovvero i paradossi di un rugby italiano fortunatamente sotto pressione)
Pensate che noia se in questo sei nazioni "b" avessimo battuto la Georgia di 20 punti, la Spagna di 30, la Russia di 50 e il Portogallo 45.
Gavazzi avrebbe già scritto al board di Word Rugby chiedendo di poter fare almeno un test autunnale con una Tier1, oltre a quelli già programmati con Canada, Stati Uniti e Tonga.
Alle prossime elezioni verrebbe eletto a mani basse essendo la FIR la prima nel Ranking di World Rugby tra Federazioni cosiddette di Tier2.
Invece no!
La competizione e lo stress al quale il nostro rugby è sottoposto dovendo giocare ogni anno un torneo per il quale abbiamo sì i requisiti minimi ( battiamo cioè, con una certa regolarità le altre nazioni europee e siamo la sesta nazionale europea, anche se non riusciamo ad accorciare le distanze con i primi) obbliga tutti a interrogarsi sulle ragioni della nostra incapacità di crescita.
Tralasciando le stupidaggini che si leggono regolarmente su molti blog relativamente a miracolose ricette che in quattro e quattr'otto ci potrebbero portare al livello "almeno" della Scozia, rimane il problema di fondo della difficoltà dell'allargamento della base e della diffusione del rugby tra i giovanissimi.
L'alto livello non è che lo specchio del movimento rugbistico italiano.
Quasi tutte le società organizzano gli open day di minirugby in settembre e riescono a presidiare molti istituti scolastici. Ma i risultati sono ancora molto modesti rispetto al numero e alla qualità atletica dei ragazzi reclutati. Modesti per avere i numeri e la profondità di Galles e Irlanda, più che sufficienti per battere Georgia, Romania e Russia.
Forse sarebbe questo il tema sul quale discutere, consci che per un maggior presidio del territorio servono nuove società e maggior lavoro da parte di quelle esistenti. Se si facesse un confronto tra l'età media dei dirigenti di società di oggi e quella di venti anni fa si scoprirebbe , drammaticamente, che è di molto più elevata.
Certo dalla Nazionale va tirato fuori il meglio, ma sabato all'Olimpico hanno giocato i nostri ragazzi, quelli che abbiamo reclutato attraverso i nostri "open Day" e che hanno giocato nelle nostre U16 e U18 e nei nostri centri di formazione. Sì perchè i centri di formazione sono nostri e tali li dobbiamo considerare, non sono solo della FIR. Non credo che Dolcetto, Brunello, Moretti e Roselli li abbiano rovinati quando li hanno allenati nelle nazionali Giovanili.
I "nuovi profeti" dei blog, dovrebbero fare una capatina sui campi, il pomeriggio tra gli istruttori del minirugby e scoprirebbero, in primo luogo che esistono, che i loro problemi sono molto materiali e contingenti e che una mano per la trasferta al raggruppamento della domenica successiva non gli dispiacerebbe. Ma invece di caricarsi quattro bambini in macchina è molto meglio fare i "leoni da tastiera" indicando agli altri quello che devono fare.